Praticare hatha yoga da vent’anni mi ha caratterizzato, sostenuto e aiutato nella ricerca di me stessa e del mio benessere. Qualcosa però mancava alla mia formazione. Avevo imparato a controllare il corpo e il respiro ma non avevo imparato a lasciare andare.
Odaka yoga mi ha ispirato e completato. Fare uno yoga dinamico non vuol dire per forza non soffermarsi nelle posizioni, approssimarle o sudare passando da un asana all’altra.
Essere nel flow aiuta essenzialmente ad allinearsi con il nostro sè più profondo, con le nostre intenzioni e la natura che ci circonda.
Aiuta anche a non identificarsi troppo con ciò che viene e che va. La transizione è importante quanto la posa e questo crea uno stato di attenzione e di presenza costante. Sviluppa resilienza, mente quieta e abilità ad agire.
Se c’`è troppo scopo, ad esempio pensando durante la pratica alla posa che segue o all’allineamento perfetto quando le nostre condizioni non sono sempre uguali, inevitabilmente ci sarà sforzo. E nello sforzo non ci sarà chiarezza.
Imparando a lasciare andare ci si affida alla percezione, all’intelligenza straordinaria del nostro corpo e del nostro respiro.
Si diviene adattabili come l’acqua, flessibili e integrati.
Ho imparato nel tempo come insegnante a trasmettere l’inutilità della performance tanto occidentale privilegiando l’ascolto interiore. Talvolta praticando anche bendati per escludere l’ego e il confronto e sviluppare il senso interiore.
Quando preparo una lezione mi concentro sull’intenzione e non sul creare uno schema vero e proprio. Le persone e le diverse energie che si uniscono costruiscono poi il vero corso della pratica che non può attenersi a schemi rigidi. Tutto si adatta alle necessità di quell’attimo unico e irripetibile.
Nelle sequenze oltre al bilanciamento di pose e contropose mi piace portare attenzione al mantenimento di una bellezza del fluire. Un’espressione fluida che mantenga al contempo i principi dell’allineamento e il fluire dell’energia attraverso il radicamento, l’estensione e il lasciare andare.
I miei insegnanti di Odaka mi hanno passato una cosa molto importante al fine di non irrigidirmi in gabbie mentali e di coltivare la forza interiore, l’autostima e la libertà.
Costruire le lezioni come fossero un mandala. Creare, conservare per il momento fine a se stesso e poi distruggere per non creare attaccamento.
Questo da luogo a un ciclo senza fine che simboleggia la trasformazione.
Le torsioni sono tra le posizioni più antiche dello yoga.
Per torsioni si intendono tutte quelle asana che implicano un avvitamento della spina dorsale lungo il suo asse che va dal coccige al cranio.
Mentre le altre asana modificano il rapporto con la gravità, queste posizioni hanno origine da un’azione muscolare modificando la simmetria del corpo e quindi anche gli scambi energetici al nostro interno. Cambiano il flusso nelle due nadi principali, la Ida e la Pingala, e quindi anche lo stato mentale.
Rappresentano una spirale che si avvolge lungo l’asse vertebrale richiamando l’idea del movimento ininterrotto e dell’’energia.
Con le torsioni i dischi intervertebrali si comprimono naturalmente. Un disco è una sorta di cuscinetto cilindrico di gel al quale un’arteria e una vena portano il nutrimento e che smaltisce gli scarti. Attraverso la compressione questo cuscinetto viene nutrito e preservato da eventuai ristagni che causano infiammazioni. Per fare in modo che ci sia questo beneficio in sicurezza bisogna allungare la colonna coscientemente in estensione assiale per ruotare solo fino dove i muscoli lo consentono senza coprimere i dischi.
In presenza di ernie bisogna muoversi con cautela, io lo so bene. Ma ascoltandosi a lungo andare praticare queste asana può essere solo benefico.
Oltre a migliorare la salute della colonna, con le torsioni si possono avere dei miglioramenti anche nella correzione della postura, soprattutto nel caso delle scoliosi.
Un’allieva che seguo da tre anni attraverso un programma mirato che abbiamo seguito ha avuto dei benefici notevoli per l’allineamento della schiena e di conseguenza di tutte le contrazioni di compensazione che aveva spesso.
In torsione infatti si tonificano e allungano i muscoli para vertebrali e obliqui responsabili di buona parte del nostro atteggiamento posturale.
Il mio tanto amato tessuto connettivo intorno alla spina dorsale si libera e le fibre muscolari possono quindi scorrere meglio l’una sull’altra acquisendo mobilità.
Un muscolo in particolare su cui agiscono le torsioni è il diaframma che si distende e diviene più elastico. Soprattutto grazie alla sinergia con gli organi pelvici e addominali che schiacciati vengono irrorati di sangue, favorendo la digestione e quindi un effetto detox.
Questo in parte quello che viene a livello fisico.
La capacità digestiva è legata ad Agni, il fuoco gastrico, una delle maggiori divinità indù maggiormente adorate nella religione vedica. Dio del fuoco e della luce che anima tutti i processi biologici. Se la nostra capacità di digerire il cibo e le emozioni è debole si produrranno tante tossine che verranno accumulate nel corpo ostruendolo.
Questo residuo tossico è per l’ayurveda la causa principale delle malattie e da lui dipende la nostra vita. Inoltre a livello mentale chi gode di un metabolismo bilanciato (sama agni) è caratterizzato da un comportamento calmo e rilassato e da una mente concentrata e ferma.
Il fuoco gastrico si trova nell’addome in corrispondenza del centro dell’ombelico dove risiede l’importantissimo manipura-chakra, produttore di energia, che governa il metabolismo. È qui che secondo lo yoga vengono metabolizzate le nostre esperienze.
Rendere questo centro mobile e vitale ci aiuta sia in senso fisico che psicologico ad assimilare quello che la vita ci porta, a girarci indietro e poter osservare il nostro passato e quindi a far tesoro delle nostre esperienze e al contempo guardare da diverse prospettive sbloccando schemi sedimentati.
A livello sottile infatti le torsioni rappresentano un cambio di prospettiva e la capacita`di vedere laddove prima non riuscivano. Innescando intuizioni e cambiamento. E connettendoci con la trasformazione e con la consapevolezza che la vita è un continuo movimento.
Da un punto di vista dell’esecuzione generalmente durante le lezioni parto da rotazioni semplici. E nel corso del tempo avendo integrato il concetto di allungamento assiale si esplorano quelle più complesse.
Pur facendo uno yoga dinamico nel viaggio dentro queste asana mi piace soffermarmi un pò più a lungo. Tenendo la posa per più respiri.
In una lezione ben bilanciata aiutano tra l’altro a riportare la schiena in posizione neutra dopo altri gruppi di pose. Un pò come se resettassero. Per esempio dopo tanta attivazione del core prima di eseguire le estensioni all’indietro per allentare la tensione addominale.
Ardha Matsyendrasana è la madre di tutte le torsioni. Ha una sua profonda sacralità e va eseguita per gradi. E’una delle più antiche e tradizionali posizioni dello yoga e delle più conosciute grazie al mito di Matsyendra, il primo maestro di yoga.
Viene tradotta con ‘la mezza posizione del Signore dei pesci’in quanto secondo i libri della tradizione yogica Matsyendra riusciva a piegare il busto di 180 gradi.
Se la spalla tende a chiudersi o la colonna perde di lunghezza è bene provare altre varianti per trovare una posizine confortevole nella quale poter rimanere per qualche respiro.
Come tutte le posizioni che prevedono una rotazione del busto , qui molto profonda, Ardha Matsyendrasana è collegata ad una forte simbologia: ruotare la parte del corpo frontale, visibile, verso quella posteriore più nascosta.
Questo ha come significato l’unione del conscio con l’inconscio. Della luce con l’ombra. Dello yin con lo yang.
Gli antichi testi sostengono che quest’asana è in grado di distruggere le malattie e di risvegliare Kundalini.
Lo dico spesso durante le mie lezioni all’aperto. Lasciati andare all’abbraccio della terra. La terra ti sostiene e ti accoglie, perchè tu fai parte di essa.
Nella pratica il rimanere più a lungo possibile nel presente è quello che conta. Crea benessere, attenzione, e unione. E dall’unione nasce la connessione profonda con tutto quello che ti circonda.
La connessione è amore. La divisione paura.
Quest’anno le lezioni all’aperto mi sembrano più ‘sentite’. Le persone hanno voglia di verde, di condivisione e di momenti di sospensione da tutto il resto.
C’è chi si è avvicinato alla pratica perchè durante il periodo di chiusura totale per il virus ha sperimentato lo yoga on line per rilassarsi. C’`e chi si sente arrugginito perchè non ha più fatto niente, chi ha voglia di provare a lasciare andare ansie e tensioni in un ambiente gentile e invitante.
Il fiume e il verde intorno, uno spazio riservato e silenzioso. La sola compagnia degli animaletti dell’acqua.
Ma ci voleva questa emergenza per farci riscoprire quanta bellezza c’`e qui intorno e come infondo per stare bene ci vogliono essenzialmente cose semplici?
Ci voleva di fermarsi ‘forzatamente’per avere un luglio fresco e limpido? Non me lo ricordo da anni! … Per vedere il fiume pulito e pieno di pesci… le libellule, le lucciole e la brezza …
Ieri al parco ho incontato un cagnolino simpaticissimo. Un cucciolotto di nome Aldo che va in giro in motorino con il sua amico umano. Ho passato la serata con loro a chiacchierare e giocare. A condividere un panino e due crocchette. Questo signore di quasi settant’anni di nome Francesco, molto semplice e solitario mi ha detto: ‘ Cosa possiamo volere di più io e Aldino? Un pò di ottima compagnia, la natura e il silenzio, e il vento fresco in riva al fiume!’
Ci voleva che ci obbligassero a non ammassarci? Per ridimensionare una frenesia così artificiale?
La natura stà un po`meglio, questo è un segnale , uno spunto, un insegnamento.
Non possiamo ignorarlo. Fermiamoci un pò più spesso a guardare il cielo, a toccare una pianta, accarezzare un cane, osservare come si muovono gli animali intorno a noi? Fermiamoci per perderci in tutte le sfumature di verde, nei suoni che lo accompagnano. Nelle sensazioni diverse che il tocco di fiori, piante acqua, pietre ci danno.
E’molto più benefico di un negozio che ci invade con colori e offerte di cose che non servono. Di una televisione accesa per riempire vuoti che in realtà non esistono.
Se restare chiusi ha amplificato i nostri sensi e i nostri pensieri facciamo in modo che questo non si disperda.
Farne tesoro può renderci migliori e rendere migliore il nostro pianeta che respira con noi.
Che bello ritornare a praticare dal vivo… sono profondamante grata di avere gli allievi nuovamente vicini a me. Di poter osservare il loro viso distendersi, il loro respiro, di poterne percepire le vibrazioni.
E soprattutto di poter essere il tramite per il loro benessere.
Dopo questi mesi di emergenza e ancora adesso con cautela riappropriarsi di spazi e contatti è un bene da usare con cura.
In questo periodo si sono avvicinate alle lezioni tante persone che non hanno mai praticato e che si sentono affaticate, stressate e ansiose.
Si sono alterati tanti equilibri e la ricerca di un’abitudine sana che possa essere d’aiuto è un’esigenza di tanti.
Il privilegio di poter insegnare yoga per me è soprattutto capire chi ho davanti e accompagnarlo alla pratica in una modalità che possa ‘sentire’.
Sì perchè sentire non è ascoltare le mie parole o guardare i miei movimenti ed imitarli. E’muoversi in terreni inesplorati di se stessi allargando lentamente la propria zona di confort e ascoltando cosa avviene.
E per questo di certo sta a me saper modulare sequenze e ritmi per dare davvero a tutti la possibilità di fare yoga.
Inutile avventurarsi in posizioni complesse se il respiro della maggior parte della classe avviene solo nel torace e il diaframma è bloccato.
Ci sono lezioni in cui non è possibile neanche alzarsi in adho mukha svanasana. E va bene così. Perchè il percorso va costruito per gradi e nel rispetto del proprio corpo e dei limiti delle nostre gabbie mentali.
Quanto è difficile fermasi quando si sta attraversando un momento di squilibrio e di confusione e non si sa da dove partire per cambiare qualcosa? Mi telefonano spesso delle persone per chiedere informazione sui corsi chiedendomi: ma ci si muove un pò ? perche`altrimenti mi annoio, non sopporto lo yoga troppo meditativo, non fa per me.
Difficile davvero rispondere. Primo perchè seppur esistono innumerevoli modalità e stili di praticare lo scopo dello yoga è solo uno: unione tra mente e corpo. Capacità di poter controllare il corpo attraverso le asana per poi controllare il respiro e la mente e cancellare le fluttuazioni per vivere nella realtà così com’è. Secondo perchè seppure io propongo il mio modo nessuna lezione è uguale a un’altra ma ci sono tante varianti che ne determinano la realizzazione.
Si ha spesso la sensazione che approcciarsi ad un’insegnante di yoga vuol dire avere a che fare con persone estremamente calme e lente, persone che nulla le può smuovere. Non c’è niente di più sbagliato.
Gli insegnanti di certo cercano di trasmettere quello che hanno integrato con la loro pratica, il loro studio e le loro esperienze, ma sono in viaggio anch’essi in questo percorso.
Una volta una ragazza mi ha detto: io non faccio yoga, sono una sportiva?!’
Io ho sorriso e sebbene avessi voluto risponderle d’impulso qualcosa di poco zen ( proprio perchè anche gli insegnanti non sono immuni da fastidi e manifesazioni dell’ego) le ho risposto: conosco tanti sportivi che lo fanno per bilanciare il lavoro muscolare e aiutare la disciplina.
Non fa niente se io stessa corro, nuoto, ho provato qualunque sport e tra una lezione e l’altra quando mi sposto in macchina ascolto solo musica rock!
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